
Migranti in Albania, von der Leyen: “Stiamo valutando come anticipare i nuovi regolamenti”. Cosa cambia con i Paesi sicuri
- Politica
- Dicembre 19, 2024
- 73
Nella consueta lettera alle cancellerie europee, che precede il Consiglio, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen ha annunciato la possibilità di anticipare l’entrata in vigore di una parte del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, in particolare quella che potrebbe sbloccare il Protocollo Italia-Albania, in seguito alle decisioni dei giudici italiani. “Mentre il regolamento entrerà in vigore a partire dal giugno 2026, stiamo valutando come anticipare l’applicazione di questi concetti”, ha scritto von der Leyen, facendo riferimento ai concetti di Paese terzo sicuro e di Paese d’origine sicuro, quest’ultimo al centro delle sentenze della magistratura italiana, che ha dichiarato incompatibile con il diritto europeo la lista dei Paesi “sicuri” stilata dal governo italiano. L’anticipazione del Patto risolverà davvero la questione, mettendo fuori gioco i giudici, come sostiene Giorgia Meloni, che ha definito le loro sentenze “ideologiche”?
L’Italia ha deciso di trasferire in Albania solo migranti provenienti da Paesi considerati sicuri. Poiché questi hanno meno probabilità di ottenere protezione, le loro richieste possono essere esaminate in modo sommario. Tuttavia, per alcuni di questi Paesi, l’Italia ha escluso determinate categorie di persone a rischio. A ottobre, la Corte di giustizia dell’Ue ha stabilito che un Paese sicuro deve esserlo per tutti, ma su questa sentenza governo e magistratura sono in disaccordo, e si attende un nuovo parere della Corte Ue in primavera. Diversamente dalla normativa vigente, la riforma sulla migrazione e l’asilo, contenuta nel Patto Ue approvato quest’anno ma non ancora operativo, prevede esplicitamente la possibilità di designare un Paese “sicuro” escludendo alcune aree o gruppi di persone, come la comunità Lgbtqi+, le minoranze etniche o gli oppositori politici. Questa possibilità permetterebbe all’Italia di trattenere e sottoporre a procedure accelerate di asilo anche cittadini egiziani e bengalesi, che finora sono stati liberati e inviati in Italia a causa del cortocircuito nella designazione di Paese sicuro.
Parole di von der Leyen: “stiamo valutando”. L’attuazione del Patto comporta numerose modifiche, anche logistiche, e anticipare la sua completa applicazione risulta complesso. Tuttavia, per anticipare almeno una parte del Patto riguardante i Paesi sicuri, sarebbe necessaria una proposta di legge della Commissione per modificare il precedente rinvio al 2026, proposta che dovrà essere approvata da Consiglio e Parlamento. Una volta trovato l’accordo, i tempi potrebbero essere brevi, forse anche solo pochi mesi, riuscendo forse ad anticipare la Corte Ue. Intanto, scrive von der Leyen, “abbiamo già chiesto all’Agenzia dell’Ue per l’asilo di accelerare l’analisi dei Paesi terzi che potrebbero essere designati come Paesi di origine sicuri e Paesi terzi sicuri, per redigere gli elenchi Ue”. Per quanto riguarda la possibilità effettiva di rimpatriare persone da Paesi come Egitto e Bangladesh, oggi limitata, l’Ue dovrà affrontare la revisione del concetto di Paese terzo sicuro, dal quale dipende anche la possibilità di creare hub in Stati extra-Ue. L’intenzione c’è, come scritto da von der Leyen, e questa era prevista dal Piano di attuazione del Patto. Inoltre, von der Leyen annuncia una proposta di riforma della direttiva sui rimpatri per marzo.
E i giudici? Consentendo la designazione “parziale” di un Paese sicuro, l’eventuale anticipazione del Patto potrebbe risolvere lo stallo. Una volta ristabilita la compatibilità tra il diritto Ue e la lista dei Paesi stilata dal governo italiano, le persone potrebbero essere trasferite in Albania. Tuttavia, il trattenimento dovrà essere comunque convalidato, e il giudice dovrà verificare l’attuale situazione del Paese d’origine e la legittimità della sua designazione come “sicuro”. La Corte di giustizia dell’Ue ha già stabilito questo nella sentenza del 4 ottobre, e difficilmente modificherà la sua posizione nel pronunciamento atteso per la prossima primavera. Che le liste dei Paesi siano nazionali o stilate dall’Unione (il Patto prevede la coesistenza di entrambe), il giudice avrà sempre l’obbligo di verificare che la procedura d’esame delle richieste sia corretta e che il trattenimento del richiedente sia legittimo. A fare questo non saranno più le sezioni specializzate dei tribunali, che hanno creato problemi a Meloni e soci, ma le Corti d’appello, incaricate dal governo tramite decreto. Se, in linea generale, non ci saranno ulteriori obiezioni sulla legittimità delle procedure, le domande respinte potranno essere comunque impugnate, ma i tempi sono stati ulteriormente ridotti, e non è detto che le persone rinchiuse in Albania riescano a preparare il ricorso in tempo.